Primi passi nel mondo del Mastering

Primi passi nel mondo del Mastering

Il processo di “mastering“, di solito eseguito da un professionista, è utile per molteplici motivi. Sulla traccia stereo finale vengono utilizzati svariati effetti per dare l’ultima sistemata all’intero mix. Viene utilizzato un equalizzatore per cambiare la risposta di determinate frequenze, per aprire un pò il suono generale o per amplificare qualche frequenza andata persa durante il mixaggio. Il mastering è anche il momento in cui normalmente vengono utilizzati il compressore e il limiter, volti ad ottenere la famosa “loudness”, per ottenere lo stesso volume delle tracce commerciali e far sì che l’ascoltatore non debba variare il volume mentre ascolta canzoni diverse. Il compressore serve a “amalgamare” per bene tutti gli elementi per ottenere un buon muro sonoro. C’è chi utilizza anche il reverbero durante il mastering, per dare un diverso “mood” al pezzo.

Durante il mastering vengono spesso utilizzate apparecchiature analogiche, soprattutto in caso di compressori ed equalizzatori, che spesso costano svariate migliaia di euro a seconda della loro qualità e tipologia di suono – come ad esempio il Manley Massive Passive e l’SPL Iron. Inoltre, utilizzando apparecchiatura come il Tube-Tech SMC B2 , è possibile notare come nel mastering sia necessario usare apparecchiatura specifica e dinamica, come i compressori multi-banda e i compressori adattabili che, grazie ad algoritmi “intelligenti”, riconoscono le frequenze problematiche e compensano in tempo reale.

Ciò che sembra semplice è in realtà una disciplina molto delicata e da prendere sul serio: per ottenere i giusti fadein/fadeout, sequenze e pause è necessario attenersi ad importanti requisiti tecnici. Per ottenere il formato desiderato, sia esso pronto a essere stampato su CD-R, su Vinile o esportato in formato digitale, c’è bisogno di utilizzare attrezzatura di alto livello per regolare il sample rate, la quantizzazione, il valore di dither, il noise shaping, tags e tanto altro. Gli ingegneri del suono che si occupano di mastering si affidano a patchbays / routers come il Dangerous Music Liaison, a convertitori A/D – D/A così Monitor-Controller come il Crane Song.

Ovviamente è anche possibile eseguire dei buoni mastering a casa, senza la necessità di recarsi in uno studio professionale. É però necessario assicurarsi che la stanza in cui si effettua mixaggio e mastering sia acusticamente trattata, che i monitor suonino il più possibile neutri (“flat”) e che l’hardware e il software siano di buona qualità. Sempre più spesso produttori e tecnici di mastering utilizzano dei plug-in digitali al posto dell’hardware analogico per ottenere i propri master, come quelli offerti da UAD. Esistono dei veri e propri “pacchetti di plugin per il mastering” come iZotope Ozone, oltre a svariate alternative offerte da IK Multimedia e Slate Digital.

Per lavorare sul mix, è possibile anche sfruttare la stereofonia per correggere qualche problema. Se, ad esempio, il rullante risulta troppo ‘squillante’ o fastidioso, è possibile applicare un De-Esser solamente sulla parte centrale del mix, lasciando intatti gli elementi L-R (Left-Right) che quindi non verranno processati dal De-Esser. L’arte del mastering è complessa e delicata ma può dare molte soddisfazioni per chi vuole approcciare il vastissimo mondo dell’audio.

 

E voi, che hardware/software utilizzate per il mastering?

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La passione di Simon per la musica nasce molto tempo fa, fino a portarlo al diventare arrangiatore, chitarrista e autore di musica auto-prodotta, pubblicata con la sua band, gli Onyria.

2 commenti

    Complimenti per l’articolo, spiega in maniera semplice la complessa arte del mastering. Vorrei solo fare un appunto a livello terminologico, in realtà non è corretto dire che “vengono usati degli effetti” sarebbe più corretto scrivere “vengono usati diversi processori”. La differenza è sostanziale, in fonia esistono 4 tipo di processore: processori di dinamica (compressori, limiter, expander, gate) processori di spettro (equalizzatore, exciter, enhancer, vitalizer) e processori d’effetto (suddivisi in ambiente: riverbero; ritardo: eco/delay e modulazione: tremolo,vibrato, phaser, flanger, chorus). Quindi la componente dei processori d’effetto in mastering è davvero limitata (spero non esista nessun fonico di mastering che metta un tremolo sul master!) e si riduce al solo riverbero usato con molta parsimonia.

    Grazie mille per il feedback,
    ne terremo conto per altri articoli sull’argomento! 🙂

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