Hit The Tone: Led Zeppelin e Glyn Johns

Hit The Tone: Led Zeppelin e Glyn Johns

Cosa c’è di nuovo da dire sui Led Zeppelin?

Nulla di nuovo, in realtà: è passato mezzo secolo dalla pubblicazione del primo album dei Led Zeppelin, e non è un album qualsiasi: è uno degli album più importanti della storia del rockJimmy Page, chitarrista degli The Yardbirds, fondò una band con l’intento di reinterpretare il blues in chiave hard rock. Il risultato portò alla nascita, assieme a band del calibro dei Cream, Jeff Beck Group o i Ten Years After, del British blues rock. Nonostante il genere primario dei Led Zeppelin sia stato classificato protoheavy, blues rock e hard rock, vi sono anche chiare tracce di soul, psichedelico e folk. Il primo capitolo della storia di questa band inizia nel 1968, quando Page portò la band agli Olympic Studios di Londra per 30 ore. Page, Robert Plant, John Paul Jones e John Bonham incisero la pietra miliare in poco più di 1 giornata. In merito al disco, Page dirà: “Led Zeppelin (Atlantic 1968) è quasi un live album, ed è così che è stato concepito. Un paio di take sono state ri-registrate in seguito, ma la maggior parte del disco è stata incisa in presa diretta. Glyn Johns, colui che si nascondeva dietro a Who’s Next dei The Who o Get Yet Ya-Ya’s Out dei Rolling Stones, contribuì al disco. Nell’articolo che segue parleremo della strumentazione usata da Jimmy Page nel disco e dal modo in cui Johns incise e processò le batterie di Bonham.

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Page suonava già con l’arco di violino?

No, o perlomeno non in studio. Nonostante Page sia passato agli annali imbracciando la fidata  Gibson Les Paul Standard , la chitarra usata nel primo disco è una Fender Telecaster del ’59, donatagli da Jeff Beck, con una finitura particolare. Di recente Fender ha annunciato la messa in commercio di due modelli firmati dal chitarrista britannico: la Fender Jimmy Page Telecaster RW NAT e la Fender Jimmy Page Mirror Tele RW WBL.

Prima di passare all’amplificatore, parliamo della famosa doppio-manico: l’originale è una Gibson EDS-1275 double neck guitar ma ne esiste anche un modello disegnato da Epiphone, che costa circa 990€.

Per capire come Page ottenga il suo suono, bisogna parlare di amplificatori. Nel primo disco Page utilizzò un Supro a valvole, il modello Thunderbolt. Il brand ne offre una riedizione moderna, chiamata Black Magick, disponibile a circa 1.700€.

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Dato che parliamo di amplificatori a valvole dal carattere vintage, spesso molto costosi, non possiamo non menzionare delle ottime alternative a prezzi contenuti: il Fender 59 Bassman LTD, un combo versatile per chitarra e basso, il Victory V40 Deluxe Combo, l’Engl Screamer 50 Combo E330, il Fender 65 Super Reverb e il Marshall Origin 5C Combo.


Batterie ne abbiamo?

Ciò che portò l’album a livelli storici non fu solo (o soltanto) il sound di chitarra di Page, bensì il suono di batteria e il funambolico batterista, John Bonham. Difficile riprodurre quel suono perché è difficile suonare come Bonham: groove, botta, dinamica e rock psichedelico a livelli esagerati.

https://www.youtube.com/watch?v=-rmtJ6-EY1E

Nonostante Bonham suonasse batterie di diversi brand, una cosa accomunava i vari kit: la grandezza. La cassa dev’essere rigorosamente di 24 o 26″ (come questo modello Yamaha) con pelli per batteria coated senza buchi. Per i tom le misure erano 14, 16 e 18″ con accordatura molto alta per entrambe le pelli del fusto. I piatti preferiti di Bonham erano Paiste – 15″ per l’hi-hat (questo modello, o alternativamente questo della Zultan), crash da 18″/20″ (questo modello Zildjian, o questo modello Zultan) e un ride da 22/24” (questo Zildjian o questo Zultan)

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Parliamo di Glyn Johns?

Il produttore e ingegnere del suono Glyn Johns fu determinante per l’album in questione. Ai tempi, la tecnica più diffusa era quella di posizionare il microfono il più possibile vicino all’amplificatore: Page e Johns realizzarono che la ‘profondità’ del suono è data dalla distanza, e iniziarono a sperimentare con microfoni vicini al cono e microfoni ambientali, creando un suono riconoscibile che plasmò il modo in cui le chitarre rock vengono microfonate.

Per registrare la batteria acustica, Glyn Johns si avvale della tecnica a 3 microfoni: due condensatori (identici e a diaframma largo) e un dinamico. Il dinamico va posizionato sulla grancassa (e un opzionale 4°, secondo tecniche più moderne, al rullante), un condensatore per i piatti a circa 60-100 cm dal rullante (in altezza) che punta verso il pedale della grancassa, attraverso i bordi dei due tom, con panning a destra. Il secondo condensatore va piazzato dietro alla schiena del batterista, all’altezza della spalla destra, a circa 20 cm più in alto (in linea d’aria) rispetto all’altezza del timpano, direzionato verso l’hi-hat, passandro sopra al rullante. Il secondo microfono ha il panning verso la sinistra. Eventuali problemi di fase vanno risolti sistemando il posizionamento dei tre microfoni.

Il vantaggio principale della tecnica di Glyn è di poter incidere risparmiando tempo e denaro, con 3/4 microfoni e poca ‘separazione‘ nel mix. La critica moderna trova nella tecnica di Johns un’eccessiva incompletezza della ripresa sonora, e non permette di distinguere chiaramente i vari elementi.

https://www.youtube.com/watch?v=zT774sQDwdc


Come lo riproduco a casa?

La tecnica di Johns non è difficile o dispendiosa da riprodurre: servono una batteria ben accordata, un buon kit di batteria e quattro microfoni: due condensatori e due dinamici. Nel caso dei condensatori, ci sono svariate opzioni sul mercato come il t.bone MB 78 Beta, un ottimo microfono per rapporto qualità/prezzo. Altri modelli gettonati per l’utilizzo specificato sono il Blue enCORE 300, lo Shure Beta 87C, ilAKG C7 o il AKG C636 BLK

Per i dinamici impossibile non menzionare i classici della Shure – il SM 48 LC e il PGA58, il EV RE20 RE-Series, il Sennheiser MD421-II e il modello offerto da beyerdynamic, il M88TG.


Conclusione

L’articolo ci fornisce una panoramica estesa, benché non dettagliatissima, sulla realizzazione di uno dei dischi più importanti della storia. Ciò che ci colpisce però è la visione chiara e precisa di Jimmy Page e della sua idea del voler rivoluzionare la musica. Cosa vi ha colpito di più? Lasciateci un commento e fatecelo sapere 😉

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La passione di Simon per la musica nasce molto tempo fa, fino a portarlo al diventare arrangiatore, chitarrista e autore di musica auto-prodotta, pubblicata con la sua band, gli Onyria.

3 commenti

    Non una sola parola su John Paul Jones… sono allibito !

    L’articolo tratta espressamente la parte ‘chitarristica’ e quella di batteria, è ben specificato, altrimenti avremo menzionato basso e voce. No?

    To be a rock and not to roll

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